Non si può ignorare il punto di vista del minore quando si deve decidere una volta per tutte con quale dei genitori separati il piccolo dovrà andare a vivere. E ciò anche se la madre-affidataria, che è straniera, dopo l’omologazione della “consensuale” aveva portato con sé i figli all’estero contro la volontà del padre. Lo chiariscono le Sezioni unite civili della Cassazione intervenendo in un caso di litispendenza internazionale con la sentenza 22238/09.
E’ stato accolto il ricorso della madre: il decreto della Corte d’appello è cassato e prima di decidere il giudice del rinvio dovrà convocare i minori. La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (1991) impone di ascoltare il bambino in ogni procedura giudiziaria che lo riguardi affinché il piccolo possa esprimere la sua opinione. Quando poi si deve decidere a chi affidare il minore l’audizione va ritenuta sempre necessaria, a meno che l’ascolto possa risultare in contrasto con gli interessi fondamentali del piccolo. E quando il giudice omette la convocazione perché ritiene che il minore non abbia sufficienti capacità di discernimento deve spiegare in modo adeguato la sua scelta. Ancora un esempio: nel procedimento per il mancato (illecito) rientro nell’originaria residenza abituale – aggiungono gli “ermellini” – l’audizione dei minori non è imposta per legge, visto il carattere urgente e meramente ripristinatorio della procedura. Ma l’ascolto, laddove possibile, è ritenuto comunque opportuno.
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