Avvocato divorzista Roma - Milano Gian Ettore Gassani

Assegnazione della casa coniugale – Comodato gratuito dell’avvocato Gian Ettore Gassani

Assegnazione della CASA CONIUGALE

COMODATO GRATUITO

dell’Avv. Gian Ettore Gassani

Avvocato Matrimonialista Milano – Roma

 

L’assegnazione in godimento della casa coniugale/familiare è di sicuro uno dei motivi di maggiore contrasto per la coppia che si separa. Prima di addentrarci nelle varie ipotesi di tale istituto, occorre partire dall’art. 42 della Costituzione che garantisce la proprietà privata determinandone i modi di acquisto e di godimento nonché i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale. È di tutta evidenza che la sacralità del diritto di proprietà sia compressa nelle procedure familiari secondo un principio di bilanciamento tra i diritti del proprietario (o comproprietario) del bene e quelli dei figli, siano essi minorenni che maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti. Dunque la conditio sine qua non per l’assegnazione della casa coniugale, totale o parziale, è in via preliminare la decisione che riguarda la collocazione stabile dei figli o la scelta dei figli maggiorenni (ancora in cerca di occupazione lavorativa) di continuare a convivere con il genitore assegnatario del bene. Sono i figli l’ago della bilancia per scegliere a chi sarà assegnata la casa (Cass.25604/2018).  In caso di assenza di figli da mantenere, la casa coniugale/familiare non potrà essere assegnata dal giudice e resterà nella disponibilità del proprietario o nella disponibilità di entrambe le parti in caso di comproprietà. Per la Suprema Corte la ratio di questo istituto è evitare che i figli possano subìre il trauma dell’allontanamento dall’ambiente nel quale sono cresciuti. Tale principio si applica anche alle coppie di fatto more uxorio (art. 337 sex, c.c.) in forza di una pronuncia della Corte Costituzionale, e alle unioni civili con figli (L.76/2016). Il giudice deve in ogni caso tenere conto, ai fini della determinazione del quantum degli assegni di mantenimento per figli ed in via eventuale per il coniuge economicamente più debole, del valore economico del bene assegnato in godimento a quest’ultimo, sia in caso di proprietà esclusiva o comproprietà del bene. In pratica il giudice dovrà considerare il valore corrispondente a quello di un ipotetico canone locativo dell’immobile. Laddove la casa coniugale/familiare fosse in locazione, il coniuge assegnatario ha il diritto di succedere al relativo contratto fino alla sua naturale scadenza all’esito del quale potrà essere rinnovato o disdettato. In tal caso all’assegnatario il giudice può riconoscere un indiretto contributo economico, totale o parziale, per il pagamento dei canoni di locazione e spese accessorie, in sede di quantificazione dell’assegno di mantenimento, sia esso in favore dei figli o anche per il coniuge presso cui sono collocati. L’assegnazione della casa comprende anche le sue pertinenze (box garage, cantina, soffitta).  Una problematica piuttosto complessa e dibattuta, che spesso si pone, riguarda l’ipotesi in cui un soggetto terzo conceda in comodato d’uso un immobile ad una coppia con figli a scopo di abitazione coniugale/familiare. In tal caso occorre stabilire se il comodante (di solito un parente stretto di uno di essi) possa chiedere la restituzione del proprio bene che è stato nel frattempo assegnato in godimento, nel caso di separazione personale dei coniugi, conviventi o uniti civilmente. La giurisprudenza ha chiarito che, nell’ipotesi in cui l’immobile venga assegnato in godimento al genitore presso cui vivono stabilmente i figli, il contratto non può essere risolto in virtù di una mera manifestazione di volontà ad nutum espressa dal comodante (Cass., Sez. Un., n. 13603/2004; Cass. 13592/2011; Cass. n. 16769/2012; vedi da ultimo Cass. n. 2771/2017 e Cass. n. 2711/2017). Invero, il provvedimento di assegnazione dell’abitazione ad una delle parti, non muta la natura del titolo di godimento sull’immobile (art.1809, comma 1, c.c.). Ne consegue che il rilascio dell’immobile non può essere richiesto finché durino le esigenze abitative familiari cui esso è stato destinato, salvo, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, Cod. Civ., l’ipotesi di un bisogno, in capo al comodante, contrassegnato dall’urgenza e dall’imprevedibilità (Cass. n.3553/2017). In ordine al concetto di “urgente e imprevedibile bisogno” di cui all’art. 1809, comma 2, c.c., la Suprema Corte ha chiarito che siffatta condizione fa riferimento alla necessità del comodante di soddisfare urgenti e impreviste esigenze personali, e non di procurarsi vantaggi economici, tramite un diverso uso dell’immobile (Cass. 20183/2013). Resta, tuttavia, ferma la necessità di un attento controllo, in fase di merito, circa la proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante. Tali princìpi possono riguardare anche alloggi di servizio concessi ad una famiglia da parte della pubblica amministrazione, assegnati successivamente in godimento dal giudice ad una delle parti in presenza di figli. All’assegnazione in godimento della casa segue quella di tutto ciò che è in essa contenuto, cioè l’arredamento completo, suppellettili ed elettrodomestici, fatta eccezione per i soli effetti personali del coniuge/compagno che dovrà reperire altra sistemazione abitativa. Anche in tal caso si tende a garantire il completo godimento dell’immobile nell’interesse dei figli. Ovviamente nel caso di presenza nell’immobile di quadri di autore, collezioni di pregio e mobili di antiquariato, che comunque non hanno riflessi pratici sull’effettivo godimento della casa, il giudice può autorizzarne l’asporto in favore dell’altro coniuge/compagno proprietario. L’assegnazione della casa è sempre revocabile nel caso in cui ne cessino i presupposti, ossia quando i figli sono stati collocati per qualsivoglia ragione presso l’altro genitore o hanno raggiunto l’indipendenza economica o ancora nell’ipotesi l’immobile dovesse essere sostituito con altra sistemazione abitativa. La modifica dell’assegnazione può avvenire previo accordo delle parti o giudizialmente, ai sensi dell’art. 710 c.p.c. (art. 9 Legge 898/70). Il giudice non può disporre l’assegnazione in godimento della casa coniugale laddove non ne ricorrano i presupposti, nemmeno a fronte di una evidente sperequazione economica tra le parti. In assenza di figli prevale sempre il diritto di proprietà. Tuttavia l’assegnazione della casa può anche essere parziale. Il giudice infatti può disporre la divisione dell’immobile laddove ne ricorrano le condizioni strutturali, a patto che non siano violati gli interessi e diritti della prole e dell’altro coniuge e a condizione che la parte che richiede la divisione della casa vanti un titolo di proprietà o altro diritto reale sull’immobile. Ovviamente l’immobile deve essere divisibile in modo da tutelare la riservatezza e la tranquillità del nucleo familiare e a condizione che non ci sia una accesa conflittualità delle parti (Cass. 16649/14). Sul piano pratico è molto difficile che un giudice disponga l’assegnazione parziale della casa coniugale/familiare. Di solito questa è una soluzione che scaturisce da accordi consensuali. Il giudice in ogni caso è chiamato a verificare con prudenza che i figli non subiscano traumi da soluzioni di questo tipo, ma soltanto vantaggi sul piano psicologico ed educativo. Ciò significa che se anche un immobile fosse facilmente divisibile in due distinte unità, con la possibilità del doppio ingresso e della tutela della reciproca riservatezza, non è scontato che il giudice disponga la coassegnazione. Più facile è l’ipotesi dell’assegnazione parziale della casa, in presenza di figli diversamente abili che hanno bisogno del sostegno di entrambi i genitori (Cass. 18992/11). In tal caso il giudice può disporre la divisione della casa in due unità (non necessariamente di pari dimensioni) previo parere di un tecnico.

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