Naturale=legittimo?

Sempre più italiani scelgono di fare figli fuori dal matrimonio. I diritti di questi bambini sembrano gli stessi. La realtà è diversa

 

In Parlamento si dibatte e ci si divide, fuori si fanno figli. Un po’ di più rispetto agli anni più neri della denatalità (nel 2006 sono nati 560mila bimbi, 34mila in più di un decennio prima) e un po’ più tardi – l’età media delle madri italiane è di 31 anni. Ma, soprattutto, si fanno più figli fuori dal matrimonio, secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto Istat su Natalità e fecondità della popolazione (riferimento 1995-2006).

Se dieci anni fa solo l’8,1% dei bambini nasceva da una coppia che non aveva regolarizzato la propria unione con un matrimonio, se nel 2000 eravamo all’8,8%, nel 2006 il balzo è stato significativo e la percentuale si è alzata fino al 16,7%. Che arriva quasi al 20 al Nord. Non basta: un terzo dei bambini nati da coppie di nazionalità mista (il 14,3% dei nuovi nati) non appartiene a famiglie coniugate, e il 10,3% delle nascite è dovuto a genitori stranieri.

Insomma, società e realtà marciano ancora più velocemente rispetto alla capacità delle istituzioni di prenderne atto. E le coppie di fatto che non trovano una loro sistemazione giuridica si stanno comunque prendendo uno spazio significativo nella vita quotidiana. Per sfiducia nell’istituto matrimoniale, per una sorta di allergia agli impegni duraturi, per una tendenza a vivere più alla giornata. «Il matrimonio ha un costo economico e in più mi sembra che non cambi la qualità del rapporto fra me e la mia compagna», racconta Gabriele, 34 anni e un figlio di tre. «Mi sembra più importante l’impegno che ho preso con lei quando abbiamo deciso di avere un bambino, e se mai deciderò di sposarmi sarà più per pressioni familiari che per scelta».

Lo conferma Gloria Servetti, una lunga esperienza da consigliere di Corte d’Appello di Milano, sezione famiglia, e attualmente in forza alla stessa sezione del Tribunale: «L’esperienza e le statistiche ci dicono che molte volte si instaura una convivenza “sperimentale”, con un generico progetto di matrimonio per il futuro. Ma neppure questo è una garanzia, dato che in molti casi la coppia “scoppia” proprio poco dopo che ha regolarizzato l’unione». Spesso poi la coppia di fatto nasce dall’impossibilità di sposarsi: «È sempre più frequente il caso di persone che si separano e subito dopo ricostituiscono un nuovo rapporto e hanno altri figli», osserva ancora Servetti, «senza aver avuto il tempo di completare le pratiche di divorzio».

Il che va ad alimentare quell’altro fenomeno ormai entrato nell’immaginario quotidiano degli italiani, con le famiglie allargate e i figli di lui, quelli di lei e i figli “in comune” che vanno e vengono anche in osservanza alle nuove norme sull’affido condiviso. Se non insorgono problemi “privati” e psicologici, legati all’accettazione del nuovo compagno/a o alla presenza di figli nati da unioni precedenti avere lo status di figlio naturale è equivalente a essere figlio legittimo.

 

Problemi di eredità

«La Costituzione riconosce ai figli nati fuori dal matrimonio lo stesso diritto a essere mantenuti, istruiti ed educati», spiega Anna Galizia Danovi, avvocato e presidente del Centro per la riforma del diritto di famiglia. «Addirittura ormai la giurisprudenza riconosce una sorta di diritto all’avviamento professionale: il genitore, anche se non convivente, deve comunque mantenere il figlio finché questo non abbia almeno trovato una collocazione lavorativa confacente, dicono sempre i giudici della Cassazione, alle sue attitudini».

Anche in caso di separazione della coppia di fatto valgono le stesse norme, per esempio sull’assegnazione della casa al genitore che convive con il figlio. Il figlio naturale è “diverso” solo quando si tratta di eredità e di diritti di successione: «Intanto perché il figlio legittimo può decidere di soddisfare in denaro la parte di eredità che andrebbe al fratello naturale», chiarisce l’avvocato Danovi. «Ma soprattutto perché il figlio naturale non diviene “parente” dei consanguinei del genitore. Quindi, mentre i parenti fino al sesto grado possono ereditare, il figlio naturale no».

Sì, perché il figlio naturale è figlio “solo” dei suoi due genitori e non acquisisce legami di parentela neppure con i suoi nonni. «Mia figlia ha un legame affettivo forte sia con i miei genitori che con la nonna paterna e con i miei fratelli», racconta Paola, madre single di una bambina di 8 anni, «ma se io venissi a mancare lei di fatto non avrebbe nonni o zii legalmente riconosciuti. Al di là del fatto che non potrà ereditare».

«Questo rimane il retaggio culturale di quando il patrimonio di famiglia non doveva essere diviso neppure fra i figli legittimi», spiega l’avvocato Danovi. «Una necessità ormai anacronistica, ma anche se il legislatore ha lavorato per dare piena legittimità ai figli naturali, la coppia di fatto rimane ancora esclusa da alcune regole e norme ».

A rimediare a questa situazione interviene la pratica quotidiana dei Tribunali, soprattutto da quando la legge sull’affido condiviso ha riconosciuto l’importanza del rapporto affettivo, per esempio con i nonni: «Di fronte a relazioni significative i tribunali per i minorenni hanno di fatto sempre riconosciuto questo legame importante», conferma Gloria Servetti. Insomma, se a volte essere figlio di una madre che all’anagrafe risulta single può essere un piccolo vantaggio, per esempio nelle graduatorie per l’accesso all’asilo nido, i problemi veri nascono quando la coppia si divide e bisogna gestire la separazione in presenza di figli.

Il superlavoro che impegna le sezioni famiglia dei Tribunali e i Tribunali per i minorenni sta a dimostrare quanta litigiosità ancora ci sia quando una famiglia (e in questo quelle “vere” e quelle di fatto si equivalgono) si disfa.

 

Comunque meglio sposarsi

A Milano, città certo molto coinvolta nel fenomeno separazioni/divorzi, si può attendere anche sei mesi perché venga fissata l’udienza che deve dare le prime “regole” per la separazione. A patto di essere sposati e quindi di doversi rivolgere per questo al Tribunale ordinario, perché la competenza per i figli delle coppie di fatto è del Tribunale dei minorenni, che ha un diverso tipo di ordinamento, di procedura, di funzionamento e tempi persino più lunghi. Insomma, per quanto le norme italiane tutelino il figlio naturale, vero è che per molti aspetti il matrimonio è una situazione più tranquilla.

Per cui non sono pochi i casi di “ravvedimenti tardivi”, di coppie che decidono di sposarsi dopo anni di convivenza e con i figli già grandi per garantire loro la pienezza dei diritti, soprattutto economici. Un piccolo problema, se gli interessi in gioco sono limitati. Che diventa però una questione complessa e delicata quando famiglia allargata, figli legittimi e naturali sono coinvolti nella vita di un’azienda familiare.

 

Conclusioni religiose

L’emergenza futura sarà però culturale, legata a quel terzo di bambini che nascono in famiglie di nazionalità mista, dove convivono diversi modelli educativi e una diversa impostazione del diritto: «Il problema sarà trovare un modo per integrare queste culture giuridiche diverse», ammette Gloria Servetti.

«È evidente, per esempio, che nei Paesi musulmani la figura del marito ha una posizione di prevalenza nei confronti della moglie e dei figli che non trova corrispondenza nel nostro ordinamento. Se la coppia e i figli vivono in Italia sussiste comunque la giurisdizione italiana, ma si pone il problema di come rispettare la cultura di provenienza. E allo stesso tempo non sempre si possono ignorare le norme in vigore nel Paese di coniugi entrambi stranieri».

Questo sarà il punto chiave per il prossimo futuro. Perché se per i figli di genitori italiani il fatto di essere nati dentro o fuori il matrimonio è ormai per lo più una questione lessicale, essere figli di due culture o di due religioni diverse è ancora una faccenda piuttosto complicata.

 

LA REPUBBLICA DELLE DONNE